Right to life in the American Medical System

Pubblicato: dicembre 31, 1996
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L'articolo tratta dell'impatto della cosiddetta "cultura della morte" nella pratica medica, quale si riscontra negli Stati Uniti. In quella nazione, infatti, mentre si proclama di preservare l'importanza del giuramento ippocratico e della beneficialità evangelica del "Buon Samaritano", di fatto si tenta, da parte del liberalismo secolarizzato, di provare a rendere irrilevanti tali fondamenti su una duplice premessa: la convenienza sociale e la sicurezza finanziaria.

Tale "campagna" è stata intrapresa in modo subdolo nei media, nei tribunali e nelle università. Secondo tale strategia, gli attacchi da portare alla vita umana riguardano principalmente l'aborto volontario e l'eutanasia. Sull'aborto, va detto che la situazione negli USA è sconfortante per via delle sentenze della Corte Suprema del 1973 Roe v. Wade and Doe v. Bolton, che hanno reso l'interruzione volontaria di gravidanza una scelta praticabile per qualsiasi motivo da parte della donna nel primo-secondo trimestre e ampiamente praticabile, previa consulenza medica, anche nel terzo trimestre di gestazione.

Sull'eutanasia, la strategia seguita è quella seguita a suo tempo per l'aborto, ovvero dato che negli USA milioni di persone - secondo i sostenitori dell'eutanasia - soffrirebbero insopportabilmente a causa di una malattia in fase terminale, conseguentemente essi dovrebbero avere il diritto di por fine al loro dolore tramite il suicidio medicalmente assistito.

Secondo l'Autore, invece, non esiste alcun diritto a distruggere o partecipare alla soppressione di una vita umana nè alcuna buona ragione etica per l'aborto o l'eutanasia, incluso il suicidio medicalmente assistito. In conclusione, nell'articolo si ritiene vitale che i cattolici - insieme ai credenti delle altre confessioni cristiane - resistano alla "cultura della morte" con tutti i mezzi consentiti che possono mettere in campo.

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Come citare

Cavanagh, D. (1996). Right to life in the American Medical System. Medicina E Morale, 45(6), 1151–1161. https://doi.org/10.4081/mem.1996.895