Scienza medica e filosofia nella riflessione dei filosofi dell'esistenza

Pubblicato: dicembre 31, 2004
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Nella concezione dei pensatori di epoca positivista la scienza è la sola forma di conoscenza possibile e il metodo della scienza è l'unico valido. I positivisti non ammettono, pertanto, il ricorso a cause o principi che non siano riconducibili al metodo della scienza poichè ritengono che questi non fanno progredire il cammino della conoscenza e li considerano una pericolosa ricaduta nella metafisica. Alla filosofia spetta sostanzialmente un unico compito, quello di enunciare dei principi comuni alle varie scienze. Essa detiene la funzione di riunire e coordinare i risultati delle singole scienze, in modo da realizzare una conoscenza unificata e generale.

Per contro Jaspers e Weizsäcker considerano la scienza e la filosofia come due distinte strade che conducono alla conoscenza. Essi volendo salvare i rapporti tra le due discipline si sono trovati nella necessità di collocarle su due piani distinti. Si tratta, tuttavia, di una distinzione di tipo contenutistico e metodologico che implica una conciliazione necessaria. E questo perchè il limite fondamentale del sapere scientifico risiede proprio nella natura del suo procedimento metodologico. La scienza - vincolata dal suo metodo che le impone di attenersi alle oggettività ipoteticamente costruite - non giunge alla verità delle cose, bensì esclusivamente alla loro esattezza, ossia alla corrispondenza della loro oggettivazione con le ipotesi che l'hanno consentita. Pertanto, le scienze non conoscono il mondo, ma l'ordinamento del mondo da loro ipotizzato.

Contro questa tendenza, Jaspers reagì affermando che gli scienziati devono imparare a pensare, e tale obiettivo pedagogico deve essere perseguito dalla filosofia.

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Come citare

Carrasco de Paula, I. ., & Pennacchini, M. (2004). Scienza medica e filosofia nella riflessione dei filosofi dell’esistenza. Medicina E Morale, 53(6), 1189–1201. https://doi.org/10.4081/mem.2004.623