Riflessioni etiche sui vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti

Pubblicato: giugno 30, 2005
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Autori

Partendo dalla considerazione del fatto che in alcune parti del mondo, malattie come la rosolia sono ancora epidemiche, che l'infezione di queste malattie contratta da donne gravide causa gravi danni e può portare addirittura alla morte del feto, e che la vaccinazione su larga scala rappresenta un mezzo irrinunciabile nella lotta contro queste malattie infettive, l'articolo affronta la questione della liceità della produzione, della diffusione e dell'uso di vaccini la cui produzione è connessa con atti di aborto procurato. Alcuni vaccini di ampia diffusione contro malattie come la rosolia e la varicella, infatti, sono stati sviluppati utilizzando ceppi di virus ottenuti da feti umani volontariamente abortiti. L'Autore, in particolare, riflette sul problema etico sollevato sia da medici impegnati nelle campagne di vaccinazione sia da coloro che necessitano dei vaccini (soprattutto dai genitori che devono vaccinare i propri figli), che si chiedono se l'uso di tali vaccini non sia in contraddizione con il rifiuto etico di ogni forma di aborto volontario. Per rispondere a questo interrogativo, l'Autore analizza il problema riflettendo sulle diverse modalità e i vari gradi della cooperazione al male, concludendo che esiste il dovere grave di usare i vaccini alternativi, laddove esistano, e di invocare l'obiezione di coscienza riguardo a quelli il cui uso presenta dei problemi morali. Per quanto riguarda i vaccini senza alternative, si dovrebbe ribadire sia il dovere di lottare perchè ne vengano approntati altri che non sollevino problemi morali, sia la liceità del loro uso nella misura in cui ciò è necessario per evitare un pericolo grave per le condizioni sanitarie della popolazione. La liceità di tale uso, in ogni caso, va interpretata come una cooperazione materiale passiva, moralmente giustificata come extrema ratio dal dovere di provvedere al bene dei propri figli (nel caso dei genitori) e della popolazione in generale, e mai come una dichiarazione di liceità della loro produzione.
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This paper deals with the issue of the lawfulness of producing, spreading and using of vaccines whose production is linked to act of induced abortion, starting from the consideration of the fact that in some part of the world diseases like German measles are still epidemic, that infection of pregnant women causes serious injures and may result even in the death of the foetus, and that vaccination on a large scale represents an essential means to fight against this infective diseases. Same common vaccines against German measles and chickenpox, indeed, have been produced using stocks of virus obtained from voluntarily aborted human foetuses. The Author particularly reflects on the ethical problem raised both from physicians engaged in the vaccination campaigns and from those who need vaccines (specially parents that have to vaccinate their children), who wonder if using these vaccines is in contradiction with the ethical refusing of every form of voluntary abortion. To answer to this question, the Author analyzes the problem reflecting on the different forms and degrees of the cooperation in evil, concluding that there is the grave duty to use alternative vaccines, when they exist, and to invoke conscience objection for those whose use shows moral problems. When it comes to vaccines without alternatives, one should confirm both the necessity to fight to obtain others without moral problems, and the lawfulness of using them when it necessary to avoid a grave danger for the health condition of the people. The lawfulness of using them, in every case, must be intended as a passive material cooperation, morally justified as extrema ratio from the duty of providing for the children's good (in the case of parents) and the population in general, and never as a declaration of lawfulness of their production.

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Luño, A. R. (2005). Riflessioni etiche sui vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti. Medicina E Morale, 54(3). https://doi.org/10.4081/mem.2005.388