Legge di Hume e fallacia naturalistica: i dogmi del positivismo logico

Pubblicato: giugno 30, 2006
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La legge di Hume e la critica alla fallacia naturalistica di Moore sono state usate come base per il non-cognitivismo etico, per affermare che i valori non si possono conoscere razionalmente, ma solo intuirli o lasciarli alla sfera soggettiva delle emozioni. Sottesa alla dicotomia fatti/valori della legge di Hume, c'è una concezione riduttiva della realtà, considerata solo come l'insieme di fatti, quantificabili, misurabili, anzi verificabili (principio di verificazione neopositivista). Collegata alla dicotomia fatti/valori, si è imposta - sempre in ambito analitico - la dicotomia analitico/sintetico: le proposizioni analitiche (logiche) non hanno bisogno di verifica (sono sempre vere), mentre le proposizioni sintetiche sono sottoposte alla verifica dell'esperienza e di esse si può affermare il vero o il falso. Da questo rigido schema fuoriescono le proposizioni etiche che, quindi, non possono essere nè vere nè false. Secondo H. Putnam, le stesse scoperte scientifiche, che hanno ipotizzato aspetti del reale non direttamente verificabili, hanno causato sia la fine della dicotomia analitico/sintetico, sia quella della dicotoma fatto/valore, perchè, come ha evidenziato Quine, non si può fare scienza senza valori epistemici. In ambito analitico le posizioni neo-positiviste sono state superate con il pragmatismo, per il quale non c'è separazione tra fatti e valori e si può parlare di oggettività in etica, ma è un'oggettività debole, costruita in modo intersoggettivo, con il rischio di scambiare il buono con l'utile. Il dogma della dicotomia fatti/valori è stato superato, ma non quello del rifiuto della metafisica (ad eccezione del cosiddetto "tomismo analitico"). La bioetica, avendo come ambito le problematiche della vita sottoposta alle tecnoscienze, può aiutare non solo ad andare oltre la dicotomia fatti/valori, ma a recuperare un'unità di senso in cui la ragione esistenziale non si oppone a quella metafisica: per cogliere la complessità della vita bisogna avere gli strumenti per vedere la sua forma, il suo finalismo.
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Hume's Law and Moore's critique of the naturalistic fallacy were used as the basis for a non-cognitive ethic in order to affirm that values cannot be known rationally, but only intuitively or through the subjective sphere of the emotions. Behind the facts/values dichotomy of Hume's Law there is a reductive conception of reality, which is considered solely as a collection of quantifiable, measurable and verifiable facts (the neo-positive principle of verification). On top of the facts/values dichotomy, - in any analytic context - there is also the analytic/synthetic dichotomy: analytic propositions (logical) have no need of verification (they are always true), while synthetic propositions are subject to the verification of experience and thus can be said to be true or false. From this rigid scheme emerged the ethical propositions that there cannot be either truth nor falsehood. According to H. Putnam, the same scientific discoveries, which have given rise to hypotheses about aspects of reality which are not directly verifiable, have led to the end of both the analytic/synthetic dichotomy and the facts/values dichotomy, since, as Quine has shown, one cannot undertake research without epistemological values. In the analytic field, the neo-positive positions have been superseded by pragmatism, in which there is no separation between facts and values and one cannot speak of objectivity in ethics, but only of a weak, inter-subjective objectivity, which carries with it the risk of confusing the "good" with the "useful". The dogma of the facts/values dichotomy has been superseded, but not that of the denial of metaphysics (with the exception of so-called "analytic Thomism"). Bioethics, which is concerned with life issues that are subject to technology and science can help not only to go beyond the facts/values dichotomy, but to recover a unity of meaning in which existential reason is not opposed to metaphysical reason: to describe the complexity of life one needs to have tools with which to see its shape and its finality.

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Sgreccia, P. (2006). Legge di Hume e fallacia naturalistica: i dogmi del positivismo logico. Medicina E Morale, 55(3). https://doi.org/10.4081/mem.2006.358