Dall'homo patiens all'homo rebellis: analisi della nuova percezione di salute e malattia in epoca contemporanea

Pubblicato: dicembre 30, 2012
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E' davvero possibile circoscrivere la variegata realtà della salute e della malattia entro un dato schema concettuale, senza rischiare di misconoscere l'essenza più autentica di queste nozioni antonimiche, eppure complementari? Muovendo da questo interrogativo, il presente articolo propone una riflessione sulla malattia e sulla salute attraverso l'analisi dei paradigmi ontologico e positivistico, dei quali si è cercato di illustrare l'impianto epistemologico e l'evoluzione teorica, allo scopo di cogliere le numerose implicazioni socio- antropologiche oltrechè bioetiche della realtà suddetta. La disamina dei paradigmi in questione ha inoltre consentito di evidenziare la polivalenza semantica della salute e della malattia e quindi di concludere che la loro complessità è irriducibile sia alla visione dualistica del modello ontologico, che scinde l'unità sostanziale dei due fenomeni anzidetti, sia all'ottica quantitativa del paradigma positivista, incentrata invece sull'idea della misurabilità della natura. Infatti, come la vita contempla il grado ed esclude il metro, così le manifestazioni vitali del normale e del patologico si sottraggono a soffocanti inquadramenti epistemologici, che di essi trascurano quelle significazioni ulteriori e quelle iridescenze ermeneutiche, rilevabili, viceversa, attraverso una speculazione meno dogmatica, e dunque aperta all'interdisciplinarietà. Si ritiene altresì che le visioni ontologica e positivistica, avallando e contribuendo a diffondere specifici modelli di salute e di malattia, ne abbiano, più o meno consciamente, incentivato il graduale impoverirsi etico e simbolico; culminante, in sintesi, nella rimozione culturale delle dimensioni della morte e del dolore, nell'alterarsi del rapporto medico-paziente e nella riduzione materialistica dell'idea di salute. Ciò consegue al passaggio dall'impostazione ontologica a quella positivista: mentre la prima interpreta la salute e la malattia secondo una logica di dualismo manicheo, e dunque potenzialmente moralista, la seconda ne fornisce invece una lettura per lo più laicista e talora amorale. Questa transizione paradigmatica delinea pertanto una nuova mentalità collettiva, che, negando la realtà del patologico e assolutizzando il valore del normale, esalta il dominio di una medicina dell'utopia; la quale, non più consentanea ai bisogni effettivi della persona sofferente, tradisce una superficialità inconciliabile con la sua intima vocazione umanitaria.
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Is it really possible to restrict the multi-faceted reality of health and disease to a given conceptual scheme, without the risk of ignoring the essence of these opposing, but complementary notions? On the basis of this question, this article proposes a reflection on disease and health through the analysis of the ontological and the positivistic paradigms. An attempt was made to explain their epistemological systems and theoretical evolution, in order to understand the many socio-anthropological and bioethical implications of health and disease. The study of the aforesaid paradigms has also allowed to highlight the semantic polyvalence of health and illness, and to conclude that their complexity is irreducible to both the dualistic view of the ontological model - which does not maintain the essential unity of the two phenomena examined here - and to the quantitative perspective of the positivist paradigm, focused on the idea of measuring nature. In fact, as human life requires gradual change and excludes measurability, similarly the vital manifestations of the normal and the pathological escape suffocating epistemological frameworks. This is because they disregard the additional meanings and the hermeneutical nuances of health and disease that are instead detectable through a less dogmatic speculation, which would hence be open to an interdisciplinary approach. It has also been opined that the ontological and the positivist visions have, more or less consciously, induced the gradual, ethical and symbolic impoverishment of the concepts of health and disease, through endorsing and helping to disseminate specific models of them. This impoverishment culminated, in summary, in the cultural removal of death and pain, in an altered relationship between doctors and patients, and in a materialistic idea of health. This ensues from the shift from the ontological to the positivistic framework: while the first interprets health and disease according to the manichaean dualism, and therefore to a potentially moralistic view, the second explains them in a more secularist and sometimes amoral way. This paradigmatic transition outlines a new collective mentality, which denies the reality of the pathological, absolutises the value of the normal, and thus enhances the dominance of an utopian medicine. This one, as no longer corresponds to the real needs of suffering people, reveals its superficial heart and so is incompatible with its humanitarian nature.

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Gentile, R. (2012). Dall’homo patiens all’homo rebellis: analisi della nuova percezione di salute e malattia in epoca contemporanea. Medicina E Morale, 61(6). https://doi.org/10.4081/mem.2012.117