Come concepisce l'Associazione Medica Reale Olandese il ruolo del medico nell'interruzione della vita su richiesta?

Published: December 30, 2011
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Nel 2011 l'Associazione Medica Reale Olandese ha pubblicato un rapporto sul ruolo del medico nell'interruzione della vita su richiesta. In questo rapporto l'Associazione osserva che i medici olandesi hanno un'interpretazione troppo restrittiva della legge sull'eutanasia e li incita a far uso di tutto lo spazio che offre questa legge. Una condizione posta dalla legge affinchè un medico che ha compiuto l'eutanasia o ha assistito a un suicidio non sia perseguito penalmente, è che la sofferenza del paziente coinvolto sia senza prospettive di miglioramento e insopportabile. Secondo l'Associazione la sofferenza può essere qualificata come tale anche se causata da un accumularsi di disturbi della vecchiaia e una combinazione di fattori che, presi in sè, non sono fatali o costituiscono una minaccia per la vita. Al contrario di un disegno di legge del gruppo d'iniziativa Uit Vrije Wil (2010), che sostiene che una persona che considera la sua vita come giunta a compimento, dopo aver raggiunto l'età di settanta anni, pur non soffrendo di una malattia somatica o psichica, può ricevere mezzi per suicidarsi, l'Associazione mantiene fermo il punto che per classificare la sofferenza come senza prospettive di miglioramento e insopportabile deve esserci in ogni caso un problema medico. L'Associazione suggerisce che un medico che non raccoglie una domanda di eutanasia, ha un obbligo, non giuridico ma morale, di indirizzare il paziente a un altro medico, forse pronto ad accogliere la richiesta. Inoltre secondo l'Associazione è permesso al medico che non raccoglie una tale richiesta, di accennare al paziente la possibilità di sospendere per proprio conto alimentazione e idratazione con lo scopo di affrettare la fine della vita. L'articolo presente è una discussione critica del rapporto dell'Associazione in base all'idea che non è lecito al medico di compiere l'eutanasia e di dare assistenza al suicidio.
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In 2011 the Royal Dutch Medical Association published a report on the role of the physician in terminating life at request. In this report the Association notes that Dutch physicians interpret the Dutch Law on euthanasia in a too restrictive way and urges them to use the entire scope of the Law. One of the conditions laid down by the Law in order that the physician, having performed euthanasia or assisted in suicide, will not be prosecuted, is that the suffering of the patient is hopeless and unsupportable. According to the Association the suffering can be qualified as such, also if caused by an accumulation of geriatric complaints and a combination of factors which in themselves are not fatal or life threatening. In contrast with the bill of the initiative group Uit Vrije Wil (2010), which implies that a person, considering his life as completed, after having reached the age of seventy years, though not suffering from a somatic or psychic disease, may receive means for terminating his life, the Association holds that for classifying suffering as hopeless and insupportable in any case a medical cause is required. The Association suggests that a physician who does not comply with a request of euthanasia, has an obligation, not juridical but moral, to refer the patient to another physician, ready to comply with the request. Moreover, it is permitted according to the Association for a physician who is not willing to agree to a request, to indicate the patient at the possibility of suspending to eat and to drink in order to hasten the end of life. The present article is a critical discussion on the report of the Association from the point of view that it is not allowed for a physician to perform euthanasia of to assist in suicide.

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Eijk, W. J. (2011). Come concepisce l’Associazione Medica Reale Olandese il ruolo del medico nell’interruzione della vita su richiesta?. Medicina E Morale, 60(6). https://doi.org/10.4081/mem.2011.149